Verso la fina, SebastianxCiel, yaoi

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 30/1/2010, 15:56
Avatar


♠♠♠♠♠

Group:
Member
Posts:
3,329
Location:
Seconda stella a destra, poi dritto fino al mattino...

Status:


La prima fanfict che scrivo su questo pairing, riprende l'ultima scenana dell'ultima puntata dell'anime e descrive i pensieri e i ricordi di Ciel, o almeno, quelli che io ho inserito nella sua mente :*ç*:
Non è un granchè, ma spero che vi piaccia.


“Verso la fine”



***



Ero disteso, su una sorta di barca, immerso nei miei pensieri, mentre mi avvicinavo al luogo in cui tutto sarebbe finito, per me, mentre per lui avrebbe avuto inizio.
Sembrava passata un’eternità da quel giorno, o almeno mi era sempre apparso così, lo scorrere lento del tempo, ma adesso, non sembrava più essere passato così tanto.
Anzi, mi sembrava quasi che i giorni trascorsi fossero pochi, troppo pochi per poter porre fine alla mia giovane vita.
Ma avevo ottenuto ciò che volevo e non mi sarei di certo tirato indietro.

Il mio traghettatore remava lentamente, con la solita calma che gli apparteneva da sempre, eppure potevo percepire la sua impazienza, la sua euforia nel ricevere, finalmente, la ricompensa per cui aveva tanto atteso e che, lo sapevo, bramava più di qualsiasi altra cosa.
Non avevo il coraggio di aprire gli occhi, o meglio, non ne avevo intenzione, perché con gli occhi chiusi riuscivo a mantenermi tranquillo così come volevo apparire, anche se con lui fingere era inutile.
Lui sapeva sempre cosa provavo e, il più delle volte, anche cosa pensavo.
Anche se la cosa mi innervosiva, insieme al suo comportamento sì impeccabile, ma beffardo anche nei confronti di quello che doveva essere il suo padrone, non potevo fare a meno di provare un minimo di affetto nei suoi confronti.
Infondo lui era la persona che mi era stata più vicina in questi ultimi anni e, a modo suo, era stato premuroso nei miei confronti.

Inevitabilmente, la mia mente scivolò via, tra i ricordi.
Davanti ai miei occhi apparvero le fiamme che inghiottirono la mia tenuta e con essa i miei genitori, lasciandomi solo, alla mercè dei miei carnefici.
Quasi potevo avvertire il calore delle fiamme sul mio corpo, tanto erano vividi quei ricordi, così come era ancora viva la sensazione delle loro viscide mani sul mio corpo, pronte a martoriarlo e seviziarlo.
Mani avide, che sembravano non essere mai sazie, mani di uomini e donne che non avevano volto, e fu in quel momento che io lo chiamai, chiesi i suoi servigi, in cambio della mia anima.
Lo feci, senza rimpianti, senza paura, anche se lui cercò di mettermi in guardia, ma io non arretrai di un solo passo, ero saldo nelle mie decisioni e, a patto sigillato, il mio primo ordine fu quello di fargli sterminare i possessori di quelle mani, ancora attorno a me.
Credo che fu allora che il mio essere bambino si perse nel vento.
Perché da allora non vissi per altro se non la vendetta.

Ma anche adesso, che mi avvio verso la fine, non me ne pento, perché i miei genitori sono stati finalmente vendicati ed io posso finalmente trovare la pace.

Ancora ricordi affollano la mia mente, ricordi delle persone a me vicine che si sono rivelati buoni amici anche se diversi da come io me li immaginavo, ricordi di giorni passati, in cui le mie labbra erano sempre tese in un sorriso e giorni in cui nemmeno ricordavo più cos’era un sorriso.
Ma tra quella miriade di ricordi ce ne era uno che rimaneva in disparte, quasi sommerso dagli altri, eppure era il più vivido e luminoso di tutti.
Era il ricordo che custodivo più gelosamente e segretamente di tutti.
Il ricordo di altre mani, che torturavano anch’esse il mio corpo, ma in maniera nettamente diversa.
Il dolore che mi causavano era piacevole, una tortura estremamente desiderata.
Una tortura fatta da mani, dalle sue mani.

Il come, il quando e anche il perché accadde quello che accadde, lo ricordo a malapena, le emozioni più intense le provai durante quel momento, il resto era solo di contorno.
Ma ricordo bene che era una notte di pioggia, ricordo che io non riuscivo a dormire e ricordo che fissavo il buio al di là dei vetri spessi della finestra, lasciando cadere, di tanto in tanto, lo sguardo sul mio riflesso.
Fu una di quelle volte che accanto al mio, di riflesso, vidi anche il suo.
Mi voltai lentamente, stupendomi di vederlo ancora in piedi e ancora vestito di tutto punto, anche se era fin troppo stupido stupirsi di una cosa del genere.
Ricordo lo sguardo che ci scambiammo, il solito sguardo di sfida disinteressata che ci concedevamo ogni volta.

“Cosa ci fai qui a quest’ora? E’ per caso successo qualcosa?”

La mia voce sembrava così atona, rispetto alla sua che era sempre velata di cordialità accompagnata da una certa vena sadica.

“No, bocchan*, ero solo venuto a controllare che stesse bene”

Il mio sguardo fu il primo a cedere e si distolse dal suo.
Non sapevo perché, forse era a causa del ricordo dei miei genitori che quella notte mi venne a trovare, ma mi sentivo particolarmente ispirato a parlare con qualcuno.

“E se ti dicessi che non sto bene, Sebastian, tu cosa faresti?”

Glielo dissi come se la mia fosse una sfida a trovare la soluzione giusta, ma in realtà, ero solo troppo orgoglioso per mostrarmi fragile.
Troppo orgoglioso per fargli capire, anche solo per un misero istante, che avevo 13 anni e che il peso che portavo sulle spalle era troppo pesante per me.

“Cercherei di eliminare ciò che la rende inquieto, infondo io sono un maggiordomo perfetto, il maggiordomo del conte Phantomhive cosa accadrebbe se non sapessi fare una cosa del genere?!”

Quella era la cantilena che mi rifilava ogni volta e lo faceva per deridermi, questo lo sapevo, perché io sapevo che lui sarebbe stato capace di farlo per chiunque e in qualunque momento. Di certo non era il nome del mio casato a renderlo così efficiente ed orgoglioso.

“Cos’è che la tormenta?”

Quasi mi veniva da ridere per la situazione comica in qui mi trovavo, e forse l’avrei fatto se non mi fossi sentito così angosciato, niente poteva essere più improbabile di me che mi confido con Sebastian, ma no, non lo avrei mai fatto, per quanto solo mi sentissi quella notte.

“Mi irritano tutte queste tue domande, dovresti solo compiacermi e non farmi il terzo grado …”

Le sibilai quelle parole, con tutto l’intento di ferirlo e deriderlo, ma lui mi si avvicinò, prendendomi tra le braccia, per riportarmi sul letto.

“Ha una precisa idea su come io possa compiacerla, bocchan ?”

Mi distese sul letto e si sedette accanto a me, che rimanevo inerme, con lo sguardo fisso in un punto imprecisato della camera.

“Potrei avercela, ma ….”

Le mie labbra furono chiuse da un suo dito, avvolto dal solito guanto bianco, che poi scivolò sul viso, insieme alle altre quattro, in una leggera carezza che mi rimase perplesso.
Lentamente, la man risalì fino ai miei capelli, portando via le ciocche che mi ricadevano sugli occhi.
Ebbi un tremito per quel tocco, che non sfuggì a Sebastian.

“Stia calmo, voglio solo farla sentire più sicuro”

La sua voce sembrava cullarmi e i miei occhi socchiusi si ripuntarono nei suoi, mentre si distendeva accanto a me e la sua mano mi scivolava sul corpo, carezzandomi il collo, una spalla, scendendo lungo un fianco, quasi ne stesse disegnando il contorno, e poi ancora giù, sulla gamba scoperta dalla camicia da notte.

Un brivido mi colse, quella mano sembrava lasciare scie infuocate al suo passaggio, che mi rendevano il corpo bollente e trepidante, in attesa che quel contatto avvenisse ancora, ma non fu così.
I movimenti del suo braccio si arrestarono e i miei occhi si aprirono un po’ di più.

“Toccami ancora”

Proferii in un sussurro, quasi incosciente, e lui non se lo fece ripetere, perché era un ordine oltre che una richiesta.
La sua mano, ora priva del guato, si mosse ancora lungo la mia gamba, stavolta scivolando sotto alla leggera stoffa che mi copriva, arrivando fin sopra alla coscia, una carezza lenta e sensuale, che divenne una stretta quando si fermò su un’ anca.
Mi guardava, con un sorriso sadico e compiaciuto, mentre il mio viso iniziava a tingersi di un lieve rossore.
Si sporse su di me, poggiando il braccio libero proprio accanto al mio viso, e con le labbra raggiunse il mio orecchio.

“L’ho toccata, bocchan, cos’altro vuole che faccia?”

Mi stava provocando, lo sapevo io e lo sapeva lui, era normale, era sempre così tra noi, era un gioco che portavamo avanti da sempre.

Il problema era che io non sapevo bene cosa volessi che facesse, o meglio, lo sapevo ma non sapevo come chiederglielo.

“Toccami ancora … tutto”

La mia voce era velata, così come iniziavano ad esserlo i miei occhi, ora puntati nei suoi scarlatti che mi guardavano intensamente, fin dentro l’anima e, forse, era proprio quella che stavano guardando e bramando.
E, con i suoi occhi puntati addossò, iniziai ad ansimare lievemente, perché Sebastian non era tipo da preliminari, no, lui andava subito al sodo e la sua mano stava già massaggiando lentamente il mio membro, rendendolo turgido, stuzzicandone la punta, ormai bagnata, con il pollice che poi portò alle labbra, leccandolo con aria compiaciuta e soddisfatta.
Con un movimento veloce, che nemmeno riuscii a focalizzare, mi privò dell’intimo e della camicia da notte, rendendomi nudo ai suoi occhi.
Si distese su di me, non preoccupandosi di gravare con il suo peso sul mio corpo, mi baciò con bramosia, facendo vorticare la sua lingua nella mia bocca, coinvolgendo la mia in quella che era una lotta in cui il vincitore aveva la vittoria in pugno prima ancora di cominciare.
Mi rimase senza fiato, ansimante ed iniziò a degustare la mia pelle, a morderla e succhiarla, a disegnare scie e ghirigori invisibili, con la lingua.
Le sue mani, invece, erano anche più fameliche delle sue labbra e carezzavano ogni centimetro della mia pelle pallida, fino ad arrivare alle cosce, che sollevò e che mi fece agganciare dietro la sua schiena esile, ma forte.
E ancora le sue mani scesero, si poggiarono sui mie glutei, li strinsero, i palmi aperti a ventaglio per poterne sentire tutta la consistenza.
Li allargarono, li chiusero, stretti, e poi di nuovo ad allargarli, più che potevano, ebbi quasi l’impressione che volesse staccarmeli, ma poi li lasciò andare.
Anche se una delle sue mani non si mosse di lì, anzi, scivolò sulla mia apertura, per stuzzicarla, massaggiarla, premervi un dito sopra, senza violarla, solo per il gusto di vedere il mio viso rosso d’eccitazione, gli occhi socchiusi, ma visibilmente liquidi e le labbra schiuse, che ansimavano.
Sapeva che stavo fremendo per l’aspettativa e il suo ghigno, quello che non lo aveva abbandonato un momento, si allargò, pieno di soddisfazione.
E non mi piacque, no, non ero il tipo da farsi schernire in quel modo e restarmene in silenzio.
Proprio no.

“Sebastian …. sme … smettila di giocare ….. Sono stufo”

Il respiro irregolare, mi impedì di dare alla voce il tono autoritario che volevo, e ne uscì qualcosa di smorzato, di eccitato e debole che non fece altro che compiacere di più quello che doveva essere il mio maggiordomo.

“Come lei desidera, bocchan”

A quelle parole, apparentemente calme, seguì un mio urlo, la mia voce che, sofferente, si spandeva nell’ambiente circostante, perché Sebastian mi aveva penetrato, di scatto, con tre dita, senza risparmiarsi niente.
Le fece entrare di prepotenza nel mio corpo inviolato, fino alle nocche e lo potei sentire un leggero rivolo di sangue che mi colò lungo le natiche, per poi morire sulle lenzuola candide.

Gli lanciai un’occhiata truce, con gli occhi lucidi, le guance rigate da due lacrime solitarie, ma non dissi una sola parole, ne un solo fiato uscì dalle mie labbra, perché ero stato io a dirgli di smetterla di giocare e sapevo, o almeno, immaginavo, a cosa sarei andato incontro dicendo quelle parole a Sebastian.

“Stia calmo, tra poco si abituerà”

Il tono di voce che Sebastian aveva usato per sussurrarmi quelle parole era stranamente diverso, era più sensuale, più eccitato, come se il mio urlo, il mio sangue che colava, lo avessero infiammato.
E quella cosa, eccitò stranamente anche me.
Perché fino ad allora, l’unico che sembrava coinvolto e preso ero io, invece adesso anche lui sembrava essere più coinvolto.

Le sue dita iniziarono a muoversi, prima lentamente, poi sempre più velocemente, fino a raggiungere un ritmo frenetico, dentro/fuori, dentro/fuori, dentro/fuori, un ritmo che riuscì a farmi abituare, proprio come mi era stato preannunciato, ed era riuscito a farmi aggrappare con le mani alle sue spalle forti e a farmi gemere, con la testa schiacciata contro il cuscino e l’erezione che pulsava e urlava, il corpo che tremava e chiedeva di più, più piacere, più contatto, più tutto.
E quel contatto, quel piacere, quel tutto, arrivò poco dopo, dopo un momento di disappunto, dopo un mugolio infastidito, perché le sue dita avevano smesso di muoversi e abbandonato il mio corpo, che venne colto da una leggera sensazione di freddo, perché stavo andando a fuoco e l’aria tutta intorno mi sembrava fredda, glaciale.
Ma quella sensazione non durò molto, perché qualcosa di decisamente più grande e duro e bollente, sostituì quelle dita, qualcosa che mi fece, inevitabilmente, gemere, anche se non completamente di piacere, qualcosa che mi diede la sensazione di essere letteralmente trafitto e, nel contempo, completato.
E più il suo membro si faceva strada in me, più il mio respiro diveniva difficile, a tratti e le mie mani si artigliarono alla sua schiena, strinsero forte la stoffa scura della giacca che ancora indossava, già, perché l’unico ad essere nudo ero io.
Ma non ci feci caso in quel momento, troppo preso nel tentativo di non urlare, non più, perché leggere soddisfazione sul suo viso mi irritava.

“Dio, Se … Sebastian, fa male ….”

Non rispose, almeno non prima di una spinta secca che lo fece affondare del tutto, facendomi mordere il labbro inferiore, così forte da reciderlo.

“Tra un po’ sentirà ben altro”

Non mi furono ne di aiuto, ne di conforto le sue parole, ma lo furono i suoi gesti, quel suo restare fermo all’interno del mio corpo, e la sua mano che scivolò, sensuale e lenta, sulla mia erezione, iniziando a massaggiarla, quasi stesse preparando l’impasto di uno dei suoi buonissimi dolci.
Un sospiro varcò le mie labbra e miei occhi, precedentemente serrati, si riaprirono, l’espressione contratta dal dolore, del mio viso, si rilassò.
Ma il mio respiro rimase irregolare, mozzato dalle sue labbra, che vezzeggiavano le mie, in tocchi sensuali, fuggevoli, e la sua lingua che sfiorava la mia, la punzecchiava, quasi la sfidava a rincorrerla e a prenderla, dando vita ad un movimento di teste e labbra, un gioco di lingue e saliva e nemmeno mi resi conto che aveva iniziato a muoversi, a spingersi piano dentro di me, a far nascere un lieve focolare che ben presto avvampò in un vero e proprio incendio.

Le spinte si fecero più veloci, più forti, più irruenti, così come i movimenti della sua mano. Un gemito ah, la mia testa che si reclinava ah, le mie mani che si spostavano tra i suoi capelli, soffici, setosi dio si.
Le sue mani afferrarono le mie spalle, mi tirarono su, le mie ginocchia puntellate sul materasso, seduto a cavalcioni su di lui, e lo sentivo, lo sentivo tutto, duro, bollente, fino in fondo.
E le sue spinte ripresero, le sue mani sui miei fianchi, a dettare il ritmo, a indurmi a seguire i suoi movimenti, le mie ancora tra i suoi capelli, a stringerli, mentre mi muovevo su di lui, fremevo.
Ma sembrava non bastare, ne a me ne a lui.
Volevamo di più, ancora e ancora, e tutto divenne, in un attimo, più veloce, tutto dettato dalla foga, dalla passione.
I nostri bacini si scontravano, la nostra pelle, la carne, che sbatteva, che cozzava, creava un rumore erotico, che ci induceva a non fermarci, che mi induceva ad ignorare la stanchezza e continuare, a muovermi sempre di più, nel tentativo di appagare quell’insana voglia che avevo di sentirlo dentro di me.
E lui lo sapeva, sapeva che lo volevo, che lo desideravo e ne era compiaciuto, glielo leggevo negli occhi purpurei, che osservavano il mio viso, completamente sconvolto.
Per non doverlo guardare, per non vedere il suo sguardo compiaciuto,ma non soddisfatto, unii le nostre labbra, morsi le sue, spostai le mani sul suo collo, la pelle soffice, l’unica zona scoperta che mi era concessa accarezzare e le sue, di mani, che tenevano, una i miei fianchi, l’altra la mia erezione, solo per il piacere di sentirla pulsare, senza muoversi, senza darle soddisfazione.
Lo morsi ancora, più forte, forse per ripicca e lo sentii ridere, silenziosamente, prima di riprendere a muoversi, a masturbarmi, a stringere la mia erezione, a godere nel sentire quanto cazzo era bagnata.
Ed inarcai la schiena, perché il mio corpo era costantemente preda dei brividi, intensi quasi quanto le sue spinte che, dal basso, sembravano volermi perforare.
La sua bocca si staccò dalla mia, per avvicinarsi al mio collo, ansimarvi sopra, perché lui non gemeva, mai, ansimava, e quel contatto, mi fece fremere più di quanto avrebbe fatto il sentire le sue labbra sulla pelle.
E ancora gemevo, perché la testa era partita per chissà quale posto inesplorato, perché Ciel Phantomhive non era presente in quel momento, ma c’era solo il corpo di un ragazzo che desidera quel piacere, misto al dolore, che desiderava essere scopato, sbattuto, reso succube, da un demone fottutamente arrapante.

“Ancora …. Non ti fermare … aah, si … “

La mia testa era un miscuglio di confusione, piacere, leggerezza e quella stanza era pregna di sesso, di odori e sapori, gemiti e ansiti.
E poi ci fu un susseguirsi di parole sconnesse, di rumori sempre più forti e irregolari, di gemiti alti e sorrisi sadici.
Un insieme di dio, aah, si, così, che nemmeno riuscivo a rendermi conto che ero io a pronunciarli, preso in un turbinio di emozioni e sensazioni, e poi ci fu quel crak nella mia testa, nel mio corpo, che mi fece spalancare la bocca, inarcare la schiena, tanto che sentii le sue mani sorreggermi per non farmi cadere all’indietro ed esplosi, riversai tutto il mio piacere che schizzò in alto, verso il mio torace, piuttosto che sul suo, e poi sentii lui, ridere ancora e venire con un fiotto bollente e irruente, dentro di me, riempirmi, tanto che, subito dopo, quello stesso liquido colava tra i miei glutei, lungo le mie cosce, mentre lui usciva, mi distendeva sul letto e si allontanava.
Si rimetteva in piedi, già ricomposto, non un segno sul suo corpo, sul suo viso che potesse indicare che aveva appena scopato.
Mentre io ansimavo, con una mano sul petto, ancora il viso rosso e le gambe chiuse, più per istinto che per altro.
Lo vidi avvicinarsi al letto, carezzarmi i capelli arruffati, carezzarmi il petto con un dito, che poi portò alle labbra, per gustare il mio sapore, ancora una volta.

“La aiuto a rivestirsi, bocchan, ma prima dovrebbe fare un bagno”

La sua voce era calma, come la mia non sarebbe stata prima di qualche minuto, tempo che attesi prima di rispondergli.

“Non ne ho voglia, sono stanco, rimandiamo tutto a domani”

Lo sapevo che avevo il suo sguardo addosso, anche quando afferrai il lenzuolo per coprirmi, dopo essermi girato su un fianco, dandogli le spalle.

“Adesso va via, voglio riposare”

Le mie orecchie, vigili, percepirono il fruscio della stoffa dei suoi vestiti, mentre lui si inchinava, portava una mano al petto e con la sua solita voce che non era mai di riverenza, ma aveva sempre un tono di superiorità si congedava con il suo solito

“Yes, my Lord”

Quando sentii il rumore della serratura scattare, segno che lui era uscito dalla camera, mi tolsi la benda, poggiandola sul comodino accanto al letto e chiusi gli occhi, lasciandomi andare ad un sonno profondo.

Inutile dire che da quella notte non accadde mai più una cosa del genere, fu solo un momento di follia, che non avremmo mai permesso trascendesse in qualcos’altro.
Com’è inutile dire che nulla cambiò nei nostri comportamenti, nessuno dei due si fece coinvolgere in nessun modo da ciò che era successo, o meglio, io non lo feci.
Perché Sebastian non aveva bisogno di farlo, per lui era naturale che fosse così.

Questo fu l’ultimo ricordo che tenne la mia mente occupata in quella traversata così lunga, eppure così effimera, quasi inconsistente.
Eravamo giunti nel luogo in cui avremmo finalmente posto fine al nostro patto.
Lui avrebbe finalmente avuto la mia anima e io avrei posto fine alle mie sofferenze, avevo avuto la mia vendetta, finalmente.
Ma, mentre scendevo da quella barca, aiutato dal suo unico braccio, non potei fare a meno di sorridere, trattenendo quella che sarebbe dovuta essere la mia ultima risata, perché era estremamente esilarante - come lo era stata tutta la mia vita, d’altronde - che la persona per me più importante, era anche quella di cui avrei dovuto avere più paura, colei che mi avrebbe privato di un’anima, il mio carnefice.

* Signorino /padroncino


 
Top
~Ele
view post Posted on 30/1/2010, 18:13




ç__ç Da quanto tempo è che ho finito di vedere Kuroshitsuji? Sarà qualche mese, e come mi è venuto da piangere quel giorno, così mi viene da piangere ora.. (che frignona che sono! XD)
Bellissima, mi è piaciuta moltissimo, riuscivo quasi ad immaginarmi quello che stava succedendo! ** Sei molto brava a scrivere, complimenti! ^^
Però ripensandoci, certo che Kuroshitsuji è una storia troppo triste, in fondo sono assolutamente certa che Ciel provi veramente qualcosa per Sebastian, senz'altro gli è molto legato... e questo non fa che farmi sentire ancora più triste, ed impaziente di vedere la seconda serie (sperando che ci sia XD), non voglio credere che sia finito così! :T^T:
Comunque, alla fine di tutto questo pensiero senza senso, ancora complimenti, spero di poter leggere altre tue fic di questa coppia! :blush:
 
Top
view post Posted on 30/1/2010, 19:02
Avatar


♠♠♠♠♠

Group:
Member
Posts:
3,329
Location:
Seconda stella a destra, poi dritto fino al mattino...

Status:


Grazie, sei molto gentile!
Non so se scriverò ancora di questa coppi, è difficilissimo, soprattutto impersonare Ciel, ma mi piacerebbe.
La seconda serie dovrebbe esserci e io sono sicura che anche Sebastian provi qualcosa per il suo Bocchan :blush:
 
Top
~Ele
view post Posted on 30/1/2010, 19:13




Ti capisco, penso anche io che rappresentare Ciel sia molto difficile, ma ti assicuro che tu ce l'hai fatta, l'hai fatto perfetto! :blush: E questo rende ancora più bella e realistica la tua storia! ^^
Poi tra l'altro se non sbaglio l'autrice prima faceva dei manga yaoi.. quindi può darsi che le sia rimasto qualcosina! XD (oppure anche più di qualcosina! XD)
 
Top
view post Posted on 20/6/2011, 21:22
Avatar

Member
♠♠♠

Group:
Member
Posts:
372

Status:


Sinceramente non so che dire ma ho pensato che avrei dovuto mostare il mio apprezzamento per una FanFic cosi ben scritta ed emozionante .... sei riuscita a descrivere alla perfezzione i comportamenti beffardi di Sebastian e la personalità di Ciel .... complimenti :bravo:
 
Top
4 replies since 30/1/2010, 15:56   182 views
  Share